Indice:
L’ultimo aspetto da considerare per confrontare adeguatamente Bitcoin e gli attuali sistema monetari è il controllo delle regole secondo cui i sistemi monetari funzionano: attualmente, il potere di gestire le politiche monetarie è affidato alle banche centrali, mentre sulla rete Bitcoin non esiste un ente regolatore. Le caratteristiche del “sistema monetario” Bitcoin dipendono dalla sua architettura e dal mondo in cui il software della rete è stato progettato, e non può essere modificato da un ente terzo. Ad esempio il numero di Bitcoin in circolazione, quando il processo di mining sarà completato, sarà 21 milioni e il loro numero non può essere cambiato. Questo dovrebbe garantire che il suo potere di acquisto sia stabile nel tempo, e che non sia soggetto all’inflazione che ne ridurrebbe il potere di acquisto. Avremmo, così, trovato un modo per evitare che i nostri risparmi perdano valore nel tempo come accade attualmente, in cui nel migliore dei casi la banca centrale europea insegue un valore target di inflazione annuale del 2%. Per capire meglio cosa questo vuol dire, e che vantaggi comporterebbe non essere soggetti alle politiche monetarie di una banca centrale, conviene analizzare più nel dettaglio il concetto di inflazione e che strumenti utilizzano le banche centrali per controllarla.
Continuiamo a considerare il sistema euro. Nel nostro sistema monetario l’istituzione sovrana che gestisce le politiche monetarie è la Banca Centrale Europea. Per intervenire sul sistema monetario la BCE impiega due principali strumenti: l’emissione di moneta e la gestione dei tassi di interesse. L’obiettivo di una banca centrale è quella di garantire la stabilità dei prezzi, che in pratica consiste nel prendere opportuni provvedimenti per tenere sotto controllo l’inflazione.
Garantire la stabilità dei prezzi permette di mantenere un equilibro nel potere di acquisto delle persone, in modo tale che non impoveriscano. Immaginiamo una nazione in cui il prezzo dei beni aumentasse continuamente, dato che i salari rimangono sempre gli stessi, le persone potrebbero man mano acquistare sempre meno. Questo è per esempio il caso dell’Argentina, in cui il tasso di inflazione è elevatissimo, ovvero i prezzi dei beni aumentano continuamente, ed incredibilmente nei supermercati il prezzo del pane, latte etc. deve essere aggiornato dalla mattina al pomeriggio perché la moneta perde continuamente potere di acquisto.
Chiariamo innanzitutto cosa è l’inflazione, e vediamo poi in che modo l’emissione di moneta e la gestione dei tassi di interesse permette di modificarla.
L’inflazione è un parametro che dà una misura dell’aumento generalizzato dei prezzi dei beni e dei servizi che le persone acquistano. Per dare una misura dell’inflazione viene stabilito un paniere di beni, per esempio in Italia viene stabilito dall’ISTAT, cioè un gruppo di beni, come pane, pasta, latte o libri, pc etc. di cui viene registrato il prezzo in più momenti dell’anno. Solitamente, quando i media parlano del valore dell’inflazione si riferiscono implicitamente all’inflazione anno su anno, ovvero dell’aumento dei prezzi di un anno rispetto al precedente. Per esempio, se si è avuta un’inflazione del 2% vuol dire che in media, dall’anno scorso ad oggi, il prezzo dei beni è aumentato del 2%. Quindi, quando andiamo a fare la spesa o effettuiamo un acquisto, quest’anno spenderemo il 2% in più rispetto all’anno scorso.
Questa percentuale può sembrare irrisoria se considerata rispetto all’acquisto di un unico bene, ma se considerato rispetto alla spesa totale di una famiglia che va dalle centinaia alle migliaia di euro al mese, anche una percentuale così ridotta non è detto che sia più trascurabile. Immaginiamo, ad esempio, che una famiglia di 3 persone abbia una spesa mensile di 1000€, un aumento del 2% dei prezzi porta la spesa da sostenere a 1020€ al mese, ciò vuol dire che in un anno si passa da 12.000€ a 12,240€, con un aumento di 240€. Questo per il primo anno, vediamo cosa accade gli anni successivi:
Anno Valore inflazione Spesa iniziale Spesa finale Incremento rispetto all’anno precedente 1° 2% 12.000 € 12.240€ 240€ 2° 2% 12.240€ 12.484€ 244,80 € 3° 2% 12.484€ 12,733€ 249,68 € 4° 2% 12,733€ 12.987€ 254€ 5° 2% 12.987€ 13,246€ 259€ Totale 1246€
L’aumento dei prezzi anno per anno va sempre valutato rispetto a quello dell’anno precedente, perché la presenza dell’inflazione causa un aumento che non viene più assorbito, per esempio se nell’arco del 2022 c’è stata inflazione, allora nel 2023 i prezzi saranno più alti del 2022 di una percentuale pari all’inflazione. L’inflazione che si ha nell’arco del 2023 si cumula a quella del 2022, per cui l’aumento è sempre crescente anche se in percentuale rimane lo stesso.
Guardando la tabella precedente, si vede che su 5 anni la spesa complessiva è aumentata di 1.246€, o in altri termini dell’11%. Chi sostiene questo aumento di costo? Se non c’è un pari incremento del salario della famiglia, il suo potere di acquisto diminuirà, e questo vorrà dire che dovrà necessariamente rinunciare a qualcosa per poter sostenere la spesa.
La domanda che a questo punto sorge spontanea è: ma perché l’inflazione non viene mantenuta allo 0%, in modo che i prezzi siano effettivamente stabili da un anno ad altro, invece che al 2% come imposto attualmente dalle banche centrali?
L’inflazione può essere dovuta a diversi fattori, uno di questi è l’aumento della quantità di denaro in circolazione che la banca centrale può stampare. Il denaro ha un valore che dipende da quanto ce ne è in circolazione: se la quantità di banconote in circolazione aumenta, il valore del denaro si riduce.
Ricostruiamo brevemente la storia della moneta, in modo da capire meglio questo concetto.
Storicamente l’introduzione della moneta è stata necessaria per soddisfare l’esigenza degli individui di scambiare beni. Inizialmente lo scambio avveniva nella forma del baratto, che presenta una caratteristica imprescindibile: permette di scambiare solo beni dal valore equivalente. Ad esempio, se sono un fattore ed ho delle mucche che producono del latte che per le mie esigenze è sovrabbondante, ma non ho coltivazioni ed ho bisogno di pomodori, posso chiedere ad un agricoltore che ha un campo di pomodori, di scambiare una certa quantità di questi per il mio latte. Questo meccanismo funziona fino a quando quello che ho da offrirti è qualcosa di cui hai necessità e di cui hai necessità in questo momento. In questo aspetto intuiamo il limite del baratto, che è quello che in economia viene chiamata “coincidenza di bisogni”: se tu non hai bisogno di quello che ho da offrirti, o non ne hai bisogno ora, il baratto non può avvenire.
Per questo motivo sorge l’esigenza di un mezzo di scambio, che rappresenti adeguatamente il valore di quello che ti sto chiedendo di scambiare, che conservi questo valore nel tempo e che potrò utilizzare in futuro per scambiare con te altri beni. Questa è l’idea che sta alla base dell’introduzione della moneta. Nel corso della storia sono stati impiegati diversi mezzi di scambio, ma quello che ha avuto più fortuna è stato l’oro, con cui poi sono state coniate anche delle vere e proprie monete. E si può capire anche il perché: l’oro è un metallo pregiato, quindi è adeguato a rappresentare un bene di valore, ed, inoltre, è durevole nel tempo, per cui conserva adeguatamente questo valore col passare degli anni. Utilizzando l’oro lo scambio assume i connotati della più moderna attività di compra-vendita: se ho bisogno di latte lo chiedo a te che ne hai in abbondanza, ed in cambio del latte ti consegno una quantità d’oro che riteniamo proporzionata al valore del latte che mi hai dato. In futuro, potrai utilizzare quest’oro che mi hai dato per scambiare con me qualcosa di cui avrai bisogno.
Man mano che le attività di compra-vendita aumentavano, cresceva anche la quantità d’oro in circolazione. Portarsi in giro dell’oro però non è certo comodo: innanzitutto se la quantità che posseggo inizia a crescere, diventa complicato portarlo in giro per via del peso; inoltre, c’è un grosso rischio dovuto al fatto che potrei essere attaccato dai briganti che vogliono rubarlo. A questo punto nascono degli istituti il cui compito è quello di conservare l’oro, o meglio noi consegniamo loro il nostro oro ed essi ci restituiranno delle “note di banco” che costituiscono il documento che riporta la quantità di oro che gli abbiamo consegnato ed attesta che esso è di nostra proprietà. Nel momento in cui avessimo necessità di fare un acquisto non sarà più necessario scambiare oro, ma potremo semplicemente consegnare queste “note di banco” in modo da trasferire la proprietà del nostro oro al venditore da cui stiamo effettuando l’acquisto. Si intuisce che queste “note di banco” sono i precursori di quelle che attualmente chiamiamo banconote, e che questi istituti che si occupano di conservare l’oro sono le antesignane delle attuali banche. La regola secondo la quale le banconote sono una rappresentazione cartacea dell’oro contenuto nei forzieri delle banche è detto golden standard. Fin quando questo è stato in vigore, volendo potevamo rivolgerci ad una banca per chiedere la conversione delle nostre banconote nell’equivalente in oro.
In regime di golden standard il numero e il valore delle banconote sono direttamente legati: se ho consegnato 1 lingotto d’oro, il banchiere potrà scrivere su un’unica banconota che posseggo 1 lingotto d’oro, oppure può usare due banconote, ognuna del valore di mezzo lingotto d’oro, che insieme fanno di nuovo un lingotto. All’occorrenza, le banche possono aumentare il numero di banconote che sono complessivamente in circolazione, ma dato che la quantità di oro che è contenuto nei loro forzieri è fissata, ciò che accade è che le singole banconote varranno di meno. Ciò causa indirettamente un aumento dei prezzi, ovvero ciò che precedentemente abbiamo chiamato inflazione. Vediamo lo stesso fenomeno con un esempio. Immaginiamo che una banconota da 10€ può acquistare al momento attuale un equivalente di beni pari a 10€, per esempio 10 pacchi di pasta. Se ad un certo punto il numero di banconote in circolazione da 10€ raddoppia, il valore nominale della banconota rimane lo stesso, 10€, ma l’equivalente in beni che potrà acquistare si ridurrà. Ci aspettiamo che se il numero di banconote da 10€ raddoppia, il loro potere di acquisto si dimezza, e per acquistare gli stessi 10 pacchi di pasta adesso serviranno due banconote da 10€. In questo caso noi diremo che “il prezzo è aumentato”, nel senso che se prima acquistavamo 10 pacchi di pasta con 10€ ora lo stesso numero di pacchi di pasta ci costa 20€. Ma in questo caso l’aumento del prezzo dei beni non è dovuto ad un aumento del valore dei beni in sé, ma ad una perdita nel potere di acquisto del denaro con cui li paghiamo. Ovviamente, quello che accade per la pasta accadrà per qualsiasi altro bene, e ci troveremo a sperimentare un aumento di prezzo di tutti i beni. Abbiamo in questo modo sperimentato un’inflazione, cioè un aumento generalizzato dei prezzi, dovuta all’aumento di denaro circolante.
Per capire ancora meglio questo concetto, confrontiamolo con il caso diverso in cui l’aumento del prezzo è legato ad un aumento del valore del bene, a causa per esempio di un aumento della domanda, e non ad una perdita di valore della moneta. Questo è ciò che accade, per esempio, se in un dato quartiere il costo delle abitazioni aumenta perché è stata costruita una fermata della metropolitana nelle vicinanze, e questo rende più accessibile il quartiere. Anche l’aumento del valore delle abitazioni si traduce in un aumento del loro prezzo, però, in questo caso, l’aumento è relativo ad un singolo bene, la casa, e non generalizzato a tutti beni, e poi non è dovuto ad una perdita del valore di acquisto del denaro ma in un aumento del valore intrinseco del bene. In questo esempio, infatti, il potere di acquisto del denaro è rimasto stabile, ma il valore in sé del bene, la casa, è aumentato. Anche in questo caso ciò si traduce ai nostri occhi come un aumento di prezzo, benché la causa dell’aumento sia completamente diversa.
Il ragionamento che abbiamo fatto fino a qua è valido anche oggi, anche se il gold standard non è più in vigore dal 1971, anno in cui è stato abolito con la fine degli accordi di Bretton Woods.
E’ importante tenere presente questo ultimo aspetto anche perché una delle critiche che viene spesso mossa contro Bitcoin e le altre criptovalute è che non potrebbero essere usate come monete correnti in quanto il loro valore non è basato sull’oro come le valute fiat. Adesso abbiamo capito che chi muove questa obiezione si sbaglia di grosso, dato che anche le valute che impieghiamo non funzionano in questo modo e non lo fanno già da tempo.
A seconda dell’andamento dell’inflazione le banche centrali decidono di intervenire sui tassi di interesse alzandoli o abbassandoli. I tassi di interesse vengono espressi dalla BCE con un numero in percentuale, cioè 2%,3 %, e indicano in percentuale gli interessi che una persona o un’azienda dovranno sostenere per chiedere un certo prestito di denaro. Si può parlare di “tasso di interesse” o “tassi di interesse”, al plurale o al singolare, perché Quando la Banca Centrale Europea alza i tassi di interesse, tutte le banche commerciali si allineano, per cui dovunque si andrà a chiedere un prestito o un mutuo ci si troverà a dover pagare degli interessi maggiori. Quindi l’indice che la BCE controlla è uno solo, ma ha effetto sui tassi di interesse che tutte le banche richiedono.
-Come abbiamo detto in precedenza il valore desiderato dell’inflazione è il 2% annuo, quando l’inflazione è al di sotto di questo valore i tassi di interesse vengono abbassati, quando invece è al di sopra i tassi di interesse vengono alzati. Al momento i tassi di interesse si attestano ad un valore del 4% (valore registrato a settembre 2023), e sono ai massimi rispetto agli anni precedenti in cui si è arrivati anche allo 0%, e questo è dovuto proprio ad un’inflazione che negli ultimi anni è stata molto alta fino a superare il 10% nel 2022.
I tassi di interesse costituiscono una misura del “costo del denaro”, sembra paradossale ma è così: è il costo che dobbiamo sostenere quando vogliamo “acquistare” altro denaro. Questo perché quando chiediamo un prestito dovremo pagare degli interessi che si possono vedere come il prezzo che dobbiamo pagare per avere in prestito la cifra richiesta.
Se i tassi di interesse crescono, cresce il costo del danaro per cui sarà meno conveniente per le persone e per le aziende accedere ai prestiti, viceversa quando i tassi scendono. In un’economia in cui è facile accedere al credito si spende molto, le aziende fanno investimenti, le persone comprano auto, case, fanno più bambini, per cui in essa la domanda dei beni cresce e crescono i prezzi. Al contrario, quando è difficile accedere al credito le persone e le aziende difficilmente effettueranno acquisti e investimenti, per cui la domanda di beni e servizi si riduce e anche i prezzi scendono. Per prezzi che salgono, avremo un’inflazione che aumenta, per prezzi che scendono avremo una riduzione dell’inflazione.